Gli Editoriali di Stefano La Mendola

 

Codici per imparare insieme

 

A tutti noi è capitato di essere coinvolti nella esecuzione dei compiti dei figli.

E' un'esperienza emozionante, non sempre facile da affrontare, sia per lo studente, sia per il genitore.

Gli obbiettivi che si prospettano sono diversi: consolidamento dell'armonia familiare; verifica ed aggiornamento sui progressi e sui metodi di studio; creazione di una complicità creativa estendibile oltre il mero ambito scolastico (lo studente è, e si sente veicolo culturale per l'intera famiglia).

Certo, è forte la tentazione di delegare in toto, alla scuola, il compito della formazione (talvolta anche di molto altro), ma non si deve dimenticare che i primi educatori sono i genitori e che lo sono 24 ore su 24, dalla nascita del loro figlio. Sgombra ogni dubbio l'articolo 30 della Costituzione della Repubblica Italiana , che non parla di docenti o di scuola, ma solo di genitori.

Nell'eseguire i propri doveri educativi, il genitore può avvalersi della struttura scolastica (art.34 della Costituzione), ove docenti professionisti trasmettono competenze nelle delle varie discipline, ma la titolarità della responsabilità educativa è, e rimane, a suo carico.

Prova ne è il fatto che sui genitori non grava l'obbligo di iscrivere e far frequentare ai figli la scuola, ma quello di garantire loro una adeguata formazione (istruzione ed educazione) il cui livello minimo è definito dallo Stato (art. 33 della Costituzione)

Ci sono bambini, anche a Quarrata, che non vanno a scuola, ma seguono una formazione autogestita da gruppi di genitori, con eventuale intervento di docenti da loro selezionati, che, non necessariamente debbono possedere l'abilitazione ministeriale (un artigiano, in certi contesti, può essere più utile di un professore). Tali studenti, si sottopongono periodicamente ad esami di Stato, per verificare la congruità del loro livello di formazione con gli standard previsti per la loro età.

Il rapporto di formazione si svolge, quindi, sempre fra genitori e figlio ed in esso sono ammessi e resi disponibili, ma non imposti, i docenti e la scuola.

Questo appare del tutto naturale se si considera che la possibilità di apprendere, accrescere le proprie competenze e scoprire i talenti inespressi è un diritto, più che un dovere, per i giovani cittadini. (vedasi art.1 Legge 53 28/3/03)

Del resto, in ambito scolastico, la formazione avviene tradizionalmente per classi e per indirizzi d'Istituto. Questo offre un'ottima tutela del diritto allo studio, ma sacrifica parte della individualità dell'alunno. Si pensi, a mero titolo di esempio, allo studente d'origine extraeuropea che è chiamato a tenere il passo con una classe d'autoctoni, o a quello che apprende fluidamente e deve attendere che tutta la classe faccia propri i concetti spiegati, prima che si proceda a trattarne di nuovi.

Per limitare questo inconveniente sono stati recentemente introdotti leggi e criteri di formazione che tengono conto delle esigenze individuali dell'alunno, partendo, com'è ovvio, da coloro che ne hanno di più urgenti (ragazzi con disabilità e portatori di Bisogni Educativi Speciali), ma non trascurando gli altri (Raccomandazione 1248 del Consiglio d'Europa del 1994, inapplicata in Italia).

Questa è una delle ragioni per cui, dall'a.s. 2011/12, gli editori dei libri di testo adottabili nelle scuole devono provvedere a fornirne una versione digitale (vedasi art.15 DL 112/2008). Spesso, questa non è la mera trasposizione del testo scritto, ma propone risorse multimediali d'integrazione, possibilità di evidenziare, modificare e reimpostare il testo , al fine di adattarlo meglio alla specifica classe o gruppo (magari dotato di LIM) e impiegarlo sapientemente per coltivare l'individualità del singolo studente.

Chi ne manifesta giovamento didattico potrà studiare su un tablet, chi è in cerca di stimoli potrà consultare gli approfondimenti (multimediali o no), senza distaccarsi dalla compagine classe, anzi stimolandola.

Per aver controllo dei diritti di autore e degli accessi ai contenuti digitali, gli editori introducono dei codici di accesso (password), concessi talvolta ai singoli Istituti , altre volte riportati all'interno di ogni libro cartaceo.

Gli Istituti che non si preoccupano di ottenere quei codici precludono ai loro docenti e agli studenti l'accesso a risorse didattiche prodotte appositamente per loro, ai sensi di legge, per i fini che abbiamo sottolineato. E' perciò particolarmente avvilente costatare, come è capitato a me recentemente, che il nostro è tra quelli.

Ma, come detto all'inizio, i figli sono nostri, non dei docenti o dell'Istituto e se non siamo disposti ad impegnarci per garantire loro tutte le opportunità disponibili, magari dando uno sguardo a quelle di cui possediamo i codici e chiedendo ai docenti di consegnarci quelli che ci mancano, inutile pretendere che lo facciano spontaneamente i docenti o la direzione.

Quella dei contenuti digitali potrebbe essere una buona scusa in più per farsi coinvolgere dai ragazzi nei loro compiti a casa, grazie ai quali impariamo, anche noi,  molte cose sul mondo, sulla scuola in cui trascorrono tante ore, su di loro e, perciò, su noi stessi.